Prato ha un posto speciale nel mio cuore, da oggi anche il festival Seta. E’ qui infatti che nel lontano 2003 ho scritto la mia tesi per la laurea in Lingue e civiltà orientali.
Tornarci è quindi per me sempre un grande piacere. Tornarci poi su invito del carissimo Matteo Burioni è ancora più bello. Matteo ed io abbiamo passato dei bellissimi momenti insieme a Pechino, lavorando insieme, mangiando e bevendo insieme, cantando insieme, ma soprattutto imparando l’uno dall’altro cosa fosse la Cina.
Matteo fa parte della mia storia, fa parte di me.
La prima impressione che ho avuto partecipando a uno degli eventi del festival SETA è stata di gioiosa sorpresa.
La scelta di una location così affascinante, così piena di significato nei rapporti tra Italia e Cina, così storicamente narrante come il Museo del Tessuto, mi ha fatto subito capire che gli organizzatori non avevano lasciato nulla al caso.
Inoltre, l’evento di cui sono stato spettatore, un concerto/spiegazione dello strumento tradizionale cinese Guzheng, a cura di Shen Siyun ( Isabel dell’Associazione Orientiamoci in Cina), mi ha convinto subito di una cosa (confermata poi in seguito): in questo festival niente cliché, niente cose già sentite.
Il mio intervento al Festival Seta
Nel giorno del mio intervento, vengo invitato a fare il soundcheck alle 18. Dove?
All’Officina Giovani, in Piazza dei macelli. E qui l’ennesima conferma della validità e della professionalità degli organizzatori. Il passato, la Storia, il classico, la tradizione del Museo del Tessuto viene controbilanciato dalla modernità, la creatività anticonformista, lo sguardo al futuro, la giovialità di questo centro polifunzionale incorniciato da bellissimi graffiti. La ciliegina sulla torta è la squadra di tecnici del suono, gentili, disponibili e più che professionali.
Festival Seta, ecco cosa è accaduto prima del mio intervento.
Prima del mio spettacolo gli organizzatori mi invitano a cena. Oltre a Matteo ho finalmente il piacere di conoscere Gianni, Roberto e Claudia. Tre persone squisite. Solo a guardarli e a sentirli parlare si capisce quanto amore abbiano messo nell’organizzazione di questo festival. Mi incoraggiano, si preoccupano per me e mi raccontano le loro storie. Non c’è la minima traccia di narcisismo, c’è solo voglia di condividere e di ascoltare, le basi fondamentali di un incontro/scambio tra culture diverse.
Il mio spettacolo è andato bene (spero) e a fine spettacolo l’ultima sorpresa. Italiani e cinesi a chiacchierare insieme, in italiano e in cinese. Vi assicuro, quel tipo di convivialità non è “normale”, è il risultato degli sforzi di chi ha organizzato un festival a 360°, in cui sì, si scambiano opinioni, sì, si impara qualcosa, ma, soprattutto, c’è la libertà di essere sé stessi e anche, volendo, di criticarsi a vicenda, in maniera costruttiva.
Per tutto il tempo che ho passato a Prato, gli organizzatori di SETA mi hanno ripetuto più volte: “Abbiamo organizzato tutto in pochissimo tempo, poteva andare meglio”. Ecco, la mia mente e il mio cuore hanno già l’acquolina in bocca immaginando cosa gli organizzatori potranno realizzare il prossimo anno con più tempo a loro disposizione.
Fernando Fidanza
PS
Ho sentito dire che ….